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Vecchio 12-02-08, 09:15   #1
sandro
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Predefinito Il Gallo e la cravatta

Tempo fa io, per vivere, facevo l’istruttore di tennis. Passavo le mie mattinate in università ed i pomeriggi in tuta e scarpe da tennis. Resomi conto che studiavo poco e volevo un lavoro “vero” accettai un’offerta di un’azienda che vendeva computer e divenni un agente.
Infilarsi uno spezzato (giacca di un colore, pantalone dell’altro) fu, già di suo una bella difficoltà per l’abbinamento ma il tragico fu indossare la cravatta. Il primo giorno fu peggio di essere su un patibolo con il cappio al collo, il secondo giorno il cappio appena, il terzo una sofferenza ma poi mi ci abituai fino a portarla anche a letto, non per fare dei giochi strani.

Con un parallelismo azzardato un giovanotto valtellinese da anni scorrazzava per le prove di mezzo mondo, aveva anche lui una tuta e pure lui era dedito ad un continuo peregrinare intorno al nocciolo della questione, il lavoro “vero” da ufficiale. Nel frattempo gestiva la sua attività basandosi in gran parte sul talento unito all’estro di chi, proprio di talento, vive. Era ammirato da tutti per lo spettacolo, per i suoi acuti e su di lui furono puntati i riflettori più e più volte. Ma a lui davano fastidio, lui girava lo sguardo dall’altra parte e con la sua sregolatezza entrava ogni tanto in qualche bosco accompagnato dalla sua auto. Non sempre, è vero, ma al punto che tanti presero a dire “bravo, bravissimo ma puntare su di lui può essere un rischio”.
Ci fu un esperimento fallito -non per colpa sua- di lanciarlo nel mondiale, un anno di riflessione fino a quando uno che ha capito più di tanti -tranne nel caso in cui si guarda alla famiglia (i genitori con i figli non sono obbiettivi)- lo chiamò alla sua corte di nome Stobart fornendo, oltre alla divisa da pilota ufficiale, anche una bella cravatta.

Il primo giorno della prima gara, visto che l’ambiente glamour di Montecarlo lo richiedeva, il nostro Gigi la indossò stretta stretta, il secondo anche e quando provò ad allentarla un attimo (segnando due split da assoluta) sul display della Focus è apparso un messaggio del tipo “bravo ma adesso rimettiti a posto la cravatta” inviato … dallo stilista dell’atelier.
E Gigi arrivò dal Principe del principato ben vestito, un po’ in ritardo ma elegante.

In Svezia fa freddo e, magari, la cravatta non si indossa. Tranne che per quelli che corrono per una squadra importante. Il fondo è più congeniale, gli avversari meno agguerriti (o più fallosi) ed il nodo si allenta un pochino. Sprazzi di sole, tempi di rango.
Poi la classifica non richiede altro impegno, una bella vestaglia e via fino all’arrivo.
E lui sempre elegante ma sul podio.

Morale … io credo che abituarsi alla cravatta è uno sforzo grande ma è un passaggio obbligato per chi corre il pianta stabile nel mondiale e, spero, che noi abbiamo visto solo una parte di quello che sarà il vero vestito del nostro Gigione.
Non era un brocco a Montecarlo e non è diventato un campione in Svezia , sta solo cambiando“pelle” ed è richiesto tempo, tanto fino a quando la conoscenza del mezzo, la padronanza delle situazioni e il saper dosare le forze lo porterà a sfilarsi la cravatta, a posarla in assistenza ed a correre senza obblighi.
Io sono certo che arriverà quel tempo. E presto.
Tra le tante ragioni c’è anche il fatto che non solo noi come italiani ma tutto il mondiale ha bisogno di aria nuova. Quella che c’era se l’è presa tutta un francese che è “IL” rally e che, bravo come pochi prima di lui, detta la sua legge.
Ma pure lui scricchiola, ogni tanto sbaglia e, cosa che è peggio, quando dice frasi del tipo “spero di andare presto a casa” oppure “corro perché mi hanno detto di farlo, non perché lo voglio” dopo averla messa sul tetto ed essere rientrato in gara, mi fa sempre più convincere di una cosa:
il talento è un dono raro, prezioso come le emozioni che ci regala questo sport ma, alla fine, si ammirano i piloti che ne hanno (di talento), si amano, si tifano quelli che hanno cuore.
E Gigi di cuore ne ha, abbastanza per cercare di andare come Loeb sull’asfalto o come Latvala sulla neve e, oltre tutto, non ha la faccia da ***** di Hirvonen ed Atkinson, bravì sì ma pur sempre con la faccia da *****. Ne la panza di Henning.
Ma di cuore ne ha, mamma se ne ha, questo lo sanno tutti quelli che al posto che usare una tastiera si infilano le scarpe e l’hanno visto in prova.

Io ho smesso di portare la cravatta, ora quello che sono basta a qualificarmi, nel bene e nel male.
Ora aspetto, aspettiamo tutti te Gigi, te e la tua cravatta che ora è stretta ma, come pure tu stai imparando, va messa.
E nessuno ha fretta, stai facendo quello che c’è da fare ed i risultati parlano da soli.

Tien duro.
sandro Non in Linea   Rispondi Citando
 


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